Basovizza
La storia della foiba di Basovizza
La foiba di Basovizza è una cavità artificiale creata inizialmente per l'estrazione del carbone nella zona nord-est dell'altopiano del Carso, a 377 metri di altitudine. Fu concessa all'Azienda Carboni Italiani, ma venne presto abbandonata per la sua scarsa produttività. Durante la Seconda Guerra Mondiale, diventò un luogo di esecuzioni sommarie per prigionieri, militari, poliziotti e civili da parte dei partigiani comunisti jugoslavi. Le vittime venivano prima destinate ai campi di internamento allestiti in Slovenia, per poi essere uccisi a Basovizza.
Il monumento nazionale
In memoria delle vittime degli eccidi nell'area, è stato costruito un Sacrario. Nel 1992, il pozzo è stato dichiarato monumento nazionale dal presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro.
La storia del pozzo
Fra il 1901 e il 1908, la società Boemia Škoda Holding fece scavare un pozzo per individuare importanti depositi di carbone o lignite nei pressi di Basovizza. Tuttavia, gli scavi furono scarsamente produttivi e la miniera venne abbandonata. Nel 1936, venne raggiunta la massima profondità di -225 metri, ma circa 30 metri di detriti e legname impedirono di proseguire. Nel 1941, un alpinista si calò per recuperare il corpo di una ragazza, giungendo sempre a -226 metri. Infine, nel 1943, un gruppo di sette speleologi si calò fino a -220 metri.
I massacri delle foibe
Nel maggio 1945, la foiba fu utilizzata dai partigiani jugoslavi per l'occultamento di un numero imprecisato di cadaveri di italiani e tedeschi. Vennero gettati all'interno del pozzo prigionieri, militari, e civili trucidati dall'esercito e dall'OZNA durante l'occupazione jugoslava di Trieste. Non esiste un calcolo preciso sul numero dei corpi infoibati; alcune stime si basano sulla profondità del pozzo, che prima del 1945 era di 228 metri mentre dopo era sceso a 198 metri, causando la stima di 250 metri cubi riempiti con materiali che sarebbero corpi umani.
La documentazione raccolta dagli alleati anglo-americani si basa in parte sulle testimonianze dei parroci di Sant'Antonio in Bosco e di Corgnale. In ogni caso, i massacri delle foibe rappresentano un momento tragico della storia di Trieste e dell'Italia.