Santa Giustina
Giustina in Colle, il 25 aprile 1945, festa della Liberazione, si festeggiava l'avvenimento e molti abitanti si univano ai partigiani per celebrare la fine della guerra e la fine dell'occupazione tedesca. Nel frattempo, il comandante dei partigiani locali, Graziano Verzotto, cercava di stabilire un accordo per evitare la rappresaglia nazista e anche il parroco del paese tentava una mediazione con i tedeschi.
Il 26 aprile i franchi tiratori partigiani furono attaccati dai tedeschi e ci sono stati feriti e morti da entrambe le parti. Il corpo di un soldato tedesco, ucciso durante l'attacco, fu portato in paese e poi sepolto nel cimitero locale.
La strage
Il 27 aprile
Il giorno successivo, il 27 aprile, le truppe tedesche fecero irruzione in paese e iniziarono ad arrestare molti abitanti, tra civili e partigiani. I tedeschi cercavano un soldato tedesco disperso e credevano che i partigiani locali lo nascondessero. Gli arrestati furono riuniti nei pressi della chiesa di Santa Giustina e poi fucilati, insieme ai due sacerdoti, padre Avogadro e don Alberto Lottaroli. In tutto furono 17 le vittime cadute a Santa Giustina in Colle.
La seconda rappresaglia
Due giorni dopo, il 29 aprile, i tedeschi tornarono a colpire i paesi vicini con la seconda e più efferata rappresaglia, uccidendo circa 125 civili e partigiani, tra cui donne e bambini. Gli abitanti di S. Giorgio in Bosco, S. Martino di Lupari e Castello di Godego furono saccheggiati e bruciati, mentre alcuni furono fucilati o impiccati.
Le versioni dei fatti
Negli anni successivi alla strage, sono circolate diverse versioni dei fatti che cercavano di spiegare le motivazioni degli aguzzini tedeschi.
La ritorsione per l'uccisione di due soldati
La prima versione sosteneva che l'uccisione di due soldati tedeschi ad opera dei partigiani locali avesse scatenato l'ira dei tedeschi, che avrebbero applicato le spietate disposizioni di Albert Kesselring ("dieci italiani uccisi per ogni tedesco morto"), passando per le armi, nel pomeriggio del 27 aprile, una ventina di uomini del posto, insieme al parroco e al giovane cappellano.
La vendetta della collaborazionista Ada Giannini
La seconda versione affermava che la collaborazionista Ada Giannini e i tedeschi volessero punire il paese per l'insurrezione partigiana e, allo stesso tempo, garantire l'agibilità delle strade in vista della ritirata dei loro commilitoni dal fronte.
La lettura più recente degli eventi
La versione più recente degli eventi, suffragata da documenti coevi, nega che la strage sia stata una ritorsione per l'uccisione di due soldati tedeschi. Secondo lo storico Egidio Ceccato, infatti, solo un soldato tedesco avrebbe perso la vita a S. Giustina in Colle nei giorni dell'insurrezione e poiché il suo cadavere fu provvisoriamente inumato nel locale cimitero, i commilitoni sopraggiunti non avrebbero avuto modo di sapere della sua sorte. Inoltre, secondo Ceccato, il processo di colpevolizzazione dei resistenti locali sarebbe stato influenzato dalla convinzione popolare che i partigiani dovessero riservare "ponti d'oro al nemico che fugge", mentre le direttive alleate prevedevano di fare diversamente.
Conclusioni
L'eccidio di Santa Giustina in Colle rappresenta uno dei più crudeli episodi della storia della Seconda Guerra Mondiale in Italia. Molti civili e partigiani sono morti per mano dei tedeschi, che hanno agito senza pietà e senza alcun rispetto per la vita umana. Le diverse interpretazioni degli eventi hanno conferito alla strage una certa aura di mistero, ma ciò che conta davvero è che le vittime vengano ricordate e onorate per il loro coraggio e la loro lealtà alla Resistenza. La memoria storica è importante perché ci aiuta a comprendere il passato e a costruire un futuro migliore.